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venerdì 1 luglio 2011

Shattered Mirror

Corporazione Randall & Wesson, laboratori avanzati, livello Vault_20, 7.30 mattina


C’era un po’ di frenesia alla Corporazione Randall in questi giorni.
Nei laboratori al ventesimo piano interrato c’era molto movimento, molto più del solito. I tecnici correvano avanti e indietro da una sala all’altra e con una certa agitazione, malcelata, dipinta sul volto.
La segretaria di Kenneth Randall notò tutto questo fermento.

Lei era una ragazza molto attenta, di bell’aspetto, e particolarmente abile nell’organizzare l’agenda lavorativa quotidiana del suo diretto responsabile.
Alla donna non sfuggiva nulla e, sebbene non le dovesse interessare, non poteva restare indifferente alla tensione di tutti gli addetti ai lavori. Erano anni che lei lavorava per il signor Randall, uomo molto stimato nell’ambiente della Corporazione, nonchè unico erede del co-fondatore dell’azienda, Marcus Randall.

A riscaldare ulteriormente l’ambiente ci pensò Feng-Hui, segretario del Comitato di Direzione, sceso direttamente dal Settore_5. Non era mai successo prima!
Feng-Hui era piombato all’improvviso, qui al livello Vault_20, con dieci guardie del corpo al seguito.

Gente sgradevole.

Vedendo il gruppo del Comitato dirigersi verso l’ufficio di Kenneth, la segretaria si precipitò in bagno. Sistemò fondotinta e rossetto in tutta fretta, dopodiché raggiunse l’ufficio. Dietro i vetri ambrati vide che era già in atto una animata discussione.

Entrò.

Kenneth era praticamente assediato dagli improperi di Feng-Hui. L’uomo era infuriato e si scagliò verbalmente contro Randall.

“Che diamine ti è saltato in mente, Randall? Sei diventato scemo all’improvviso?”.
Feng proseguì. “Ho letto ieri notte il resoconto delle attività di progetto semestrali. Chi ti ha dato l’autorizzazione ad avviare i negoziati con la Genics Corp.?” “Le nostre armi non hanno bisogno di quella roba!”.

Un impercettibile sguardo d’odio passò come un’ombra sullo sguardo impassibile di Randall.
Quel ‘nostre’ aveva un che di paradossale, pensò la segretaria. La Randall & Wesson era considerata l’azienda produttrice di armi più seria e quotata del Mid-West, fin dai tempi della sua fondazione ad opera dei soci Marcus Randall e Stephen Wesson.
Con il passare dei secoli, l’azienda cadde nelle mani di feroci speculatori di mercato che, di fatto, ne presero il completo controllo.
I nuovi padroni crearono il Comitato di Direzione che decideva su tutto: nacque così la Corporazione Randall & Wesson.
I Wesson e i Randall furono umiliati, degradati al ruolo di semplici passacarte e responsabili fantocci dei livelli Vault_20 e 21, solo per consentire al Comitato di mantenere il marchio dell’azienda.

Kenneth rispose laconicamente a Feng-Hui. “Il contatto è stato autorizzato da questa delibera, pervenuto dal Settore di Controllo del Vault_8. Eccola qui”.
Feng-Hui la prese con furia e dopo averla letta, la gettò in aria.
“Imbecille, la firma è di Andrew Ferguson. Non sai che è stato dimesso otto mesi fa? Come ha fatto a firmare un documento ufficiale?”. “Questa è carta straccia!”.

Randall lo guardò e rispose pacatamente: “Come lei ben sa, se il documento non viene preventivamente bloccato dal Comitato, mantiene la sua validità”. Proseguì, “Io non sono il responsabile del Vault_8. Non so cosa accada fuori dal mio livello, come da vostre disposizioni, d’altronde”. “Ricorda?”.

Feng-Hui divenne paonazzo.
Urlò a Kenneth: “Questa cartella non è mai pervenuta al Settore_5 per il controllo, maledizione!”. Picchiò i pugni sul tavolo. “Non so cosa stai tramando, Randall. Ma ti assicuro che lo scoprirò presto!”

L’uomo tarchiato e la sua scorta uscirono dall’ufficio sbattendo la porta e spintonando tutti i tecnici che nel frattempo si erano raggruppati, incuriositi dalle urla, fuori dall’ufficio di Randall.

Dopo qualche secondo tornò un po’ di tranquillità e Kenneth riprese il lavoro di tutti i giorni, imperturbabile. La segretaria era visibilmente scossa dall’incontro e si ritirò nel suo ufficio.

La ragazza si concentrò sulle pratiche amministrative quotidiane, poi nel pomeriggio sarebbe andata nel laboratorio di sicurezza al livello Vault_19 per effettuare alcuni test sui campioni software per i test della messa in sicurezza delle armi. Era il lavoro che le piaceva fare di più.

In serata la giovane venne raggiunta nel suo appartamento al livello Vault_10 da una videochiamata. Era Kenneth.

“Ciao, scusa per l’ora. Ho bisogno della tua presenza per una cosa molto urgente. Prepara le valigie. Domani partiamo per Eastshed. L’orario è indicato sul biglietto che ti ho lasciato nella tua cassetta di posta esterna”.

La giovane rimase per qualche attimo impietrita.

Partenza?

Uscire dal Palazzo della Corporazione?

Ma lei aveva sempre abitato lì!
Perché mai sarebbe dovuta uscire dalla sua casa? Quasi tutti gli altri dipendenti dopo il lavoro tornavano dalle loro famiglie, nelle case esterne.
Ovviamente l’intero quartiere era posto sotto il perimetro di sicurezza della Corporazione, ma lei, a lei era stato assegnato un bell’appartamento al livello Vault_10, lì si trovava bene … Perché mai abbandonare la propria casa?

E per andare dove poi?

L’Esterno … Là fuori era un vero e proprio incubo!
Per lo meno, a giudicare da quanto le avevano raccontato. Perché lei all’esterno non c’era mai stata.
Una distesa infinita di nulla … piena di mutanti e altre bestie feroci. E’ da veri folli avventurarsi in quelle zone!
E poi per quale scopo? La ragazza non riusciva a trovare nessuna giustificazione che motivasse quel viaggio verso un mare di pericoli.

La notte passò insonne, l’alba arrivò presto.

La donna si affrettò in bagno ed indossò l’abito più comodo che avesse, era una vecchia tuta sahariana mimetica che le avevano regalato. Andrà bene per il viaggio?
Indugiò poi sul trucco e fissò il suo volto allo specchio: per vent’anni fino ad oggi aveva utilizzato quello specchio per migliorare il suo aspetto. Il trucco al viso le dava sicurezza ed era il modo per darsi la carica per affrontare la giornata.
Adesso vedeva riflesso solo il volto di una donna spaventata. Le mani tremanti passarono il rossetto sulle labbra, forse per l’ultima volta. Le dita si mossero troppo ed il colore sbavò, creando una piccola imperfezione sul contorno labbra.
Inammissibile.
Se fosse stato un altro momento, lei sarebbe rimasta lì per correggere il trucco, fino a renderlo perfetto.

Ma quello non era il momento per essere perfetti. Questo le pesava molto.

Si diresse al livello Vault_0 usando gli elevatori a ioni. Inaspettatamente le sembrò una salita interminabile.

Non era mai salita al livello del terreno, era semplicemente terrorizzata.

Per fortuna, la prima persona che vide quando uscì dall’ascensore fu Kenneth Randall.
Randall era un uomo capace e rassicurante. Lui sapeva sempre come sdrammatizzare le situazioni più dure, anche con la sua sola presenza.
Kenneth la trattava sempre con molta gentilezza ed affetto. Lei si sentiva sempre in debito con lui e provava a contraccambiare con una sincera amicizia e dedizione al lavoro che lui le assegnava. Non le serviva altro per essere felice.

Lei rimase un attimo attonita nella vista dello spazio aperto. Era immenso, e la luce del sole era già molto forte. Non aveva mai visto una cosa del genere nei livelli sotterranei della Corporazione.
Un modulo di trasporto si avvicinò e i due salirono. “Per PitFord” esclamò Randall al suo conducente di servizio personale.
“PitFord?” Esclamò la donna, “Ma non dovevamo andare a Eastshed? Dalle mappe in ufficio mi sembra che le due città siano agli esatti opposti della Regione!”

"Mai fidarsi dei sistemi di comunicazione interna degli uffici". Poi accennò un sorriso.

Il viaggio durò diversi giorni. Sconfinate distese desertiche caratterizzati da ruderi e piccoli agglomerati sparsi sullo sfondo del paesaggio.
Il giorno in cui i fuggiaschi arrivarono nei pressi di PitFord, accadde il casino.

I pannelli del modulo di trasporto andarono in corto-circuito e l’autista dovette fermarsi e provare a riparare il sistema centrale.
Mentre i tre erano intenti a far ripartire le centraline, da una vicina zona boschiva uscì allo scoperto una banda di predoni della strada. Erano armati di accette, coltelli, fucili e martelli.

La giovane segretaria si tuffò in macchina, urlando.

Per fortuna l’autista era avvezzo alla sopravvivenza nei Territori Desolati e, con piglio sicuro, prese dal retro dell’auto due fucili al plasma, uno per sé e uno per Kenneth.
In quel momento entrambi ringraziarono la Randall & Wesson di esistere. Nell’arco di due secondi il gruppo di assalitori venne ridotto in una massa di carne bruciata.

Purtroppo i due non si accorsero di tre predoni arrivati di nascosto dal lato opposto della strada. In un attimo gli furono addosso e, prima che i due uomini della Corporazione venissero squartati, riuscirono a colpire a morte gli assalitori con le baionette agganciate ai fucili.

La donna rimase in silenzio e rannicchiata nel modulo di trasporto per almeno un’ora.
Quando ebbe la forza di uscire, guardò allucinata i resti della battaglia da poco conclusa.

Adesso era sola, all’ Inferno.

L’unica via di scampo era giungere PitFord, a piedi. Il modulo di trasporto oramai era inutilizzabile.
Si fece forza e prese la valigetta di Kenneth. “Portala da Hughes a PitFord, nel caso mi succeda qualcosa” le aveva detto all’inizio del viaggio.
La ragazza prese anche la sua tessera ID e quella di Kenneth dalla giacca dell’uomo. Forse un giorno sarebbe riuscita a tornare alla Corporazione e rientrare al lavoro al Vault_20.

“Coraggio”, disse tra sé. Si incamminò verso PitFord, nel cuore aveva in verità ben poche speranze e tanta paura di ciò che avrebbe trovato sulla sua strada.

Guardò la foto della sua tessera ID e si chiese se ora fosse ancora bella e presentabile come il primo giorno di lavoro alla Corporazione, quando le scannerizzarono il volto.

Dov’era il suo specchio? Le sarebbe piaciuto riaverlo, qui, adesso.

Cercò di sistemare in qualche modo i suoi boccoli biondo platino, e ripassò il rossetto rosso fuoco, come meglio potè.

La donna riprese il cammino e, prima che lei mettesse la tessera nella borsa, per un attimo i raggi del sole cocente si rifletterono sul suo nome inciso sul badge. C’era scritto:

Marilyn Monroe.

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